Villa Mecenati, sede del Conservatorio

Conservatorio di Adria

Villa Mecenati, sede del Conservatorio, è parte integrante del lascito testamentario della Sig.ra Rosita Lusardi-Mecenati che nel 1970, tra le note delle sue ultime volontà, scriveva: “La villa di Adria […] dovrà essere destinata [dal Comune] gratuitamente e permanentemente a sede per il Liceo Musicale e per la Società Concerti A. Buzzolla”. La Signora faceva poi il nome dell’ing. Gianfranco Scarpari quale responsabile dei lavori di adattamento della villa ad Istituto Musicale. Nel suo progetto l’ingegnere, condizionato com’era dal preventivo spese, non ha potuto superare i limiti delle immediate necessità, quali ad esempio le dimensioni, la dinamica e le caratteristiche estetiche dei locali. La pianta della villa è pertanto rimasta sostanzialmente invariata.
Tracciamo adesso una rapida cronistoria della sede del Conservatorio. Precedentemente alla costruzione della linea ferroviaria, la villa era parte della tenuta agricola detta “La Bertolina”, dapprima di proprietà della famiglia Zen, presto ceduta ai parenti Mecenati. In essa il corpo centrale, probabilmente adibito a granaio e ad abitazioni rurali, era costituito da un edificio ad un piano, parzialmente o totalmente porticato, con sopraelevazione.

Attorno al 1920 il M.o Ferrante Mecenati si rivolse all’architetto Giambattista Scarpari perché questi gli progettasse la trasformazione della tenuta in villa. Mecenati aveva nel frattempo sposato la signora Rosita Lusardi, la quale, vissuta da sempre in ambiente teatrale, volle concepire secondo una angolazione scenografica anche la sua abitazione.
L’architetto ideò allora un avancorpo centrale che spezzasse l’andamento della costruzione e ricuperò un piano in altezza. Il gusto allora dominante gli suggerì poi l’ornamentazione neoclassica, che è possibile ravvisare nei fregi, nelle cornici, nella balaustra di colonnine sul tetto, nelle paraste di ordini diversi sovrapposte ad inquadrare il corpo centrale, il tutto obbedendo dunque a quest’ampia visione scenografica.
La pianta venne poi modificata, secondo l’uso veneto dell'”infilata” delle sale di rappresentanza, che risultavano così “obbligate”. Anche l’interno si ingentiliva, con l’adozione di bei pavimenti di legno (parte dei quali è stato possibile recuperare), con le soffittature a gesso e marmorino di tale Titta di Padova, e la bella ringhiera in ferro battuto che orna la scala padronale.

F. Passadore, Rovigo e Adria in Musica nel Veneto: La Storia a cura di P. Fabbri – Milano: Motta, 1998

Antonio Buzzolla (Adria 1815 − Venezia 1871)

Antonio Buzzolla - Foto n. 1La vita e l’opera di Antonio Buzzolla (Adria 1815 – Venezia 1871) vengono a collocarsi in un momento delicato della storia, della civiltà e della cultura italiana ed in particolare veneta. L’anno in cui nasce coincide con quello del Congresso di Vienna che decreta il dominio austriaco nel Lombardo Veneto; gli anni successivi sono quelli della Restaurazione, dell’assetto piccolo borghese della società italiana, della decadenza economica e culturale del paese e della sua chiusura alle novità transalpine; ma sono anche anni di rapidi cambiamenti in cui si diffondono e affermano i sentimenti e le aspirazioni nazionali nonché gli ideali risorgimentali che porteranno prima alle guerre per l’indipendenza, poi alle difficoltà e ai problemi della nuova nazione.

Anche per quanto riguarda la musica, la prima metà dell’Ottocento costituisce un periodo di rapidi quanto determinanti mutamenti: la crisi di generale decadenza viene a colpire innanzitutto la musica strumentale che durante il Settecento aveva reso famosi i musicisti italiani in tutta Europa; nel primo Ottocento spesso i maestri italiani vivono di glorie passate e soggiornano a lungo all’estero sia perché attirati dalle lusinghe di posti prestigiosi e dai certi guadagni, sia per sfuggire alla censura (vedi il caso Donizetti). Si assiste contemporaneamente alla diffusione popolare del melodramma, alle alterne vicende di musicisti quali Rossini, Bellini, Donizetti e all’affermarsi poi del genio verdiano.

Antonio Buzzolla ebbe la sorte di entrare direttamente in contatto con tutti questi aspetti della vita civile, culturale ed artistica della prima metà inoltrata dell’Ottocento italiano.

Nacque nel 1815 ad Adria, centro allora con una discreta tradizione culturale e musicale – ancor oggi più che fiorente – e sede di un teatro di antichissime origini e di una cattedrale, della quale recenti studi hanno rilevato un notevole patrimonio musicale. Antonio stesso era figlio di Angelo Buzzolla, maestro di cappella nella cattedrale e direttore della Società Filarmonica, promossa nel 1806 da note e illustri famiglie adriesi. Dopo i primi insegnamenti paterni (suonava il violino, il pianoforte, l’organo e altri strumenti) si trasferisce a Venezia per perfezionarsi e nel 1832 entra a far parte dell’orchestra del Teatro “La Fenice”. Nel 1837 – aveva già composto e rappresentato la sua prima breve opera, Il Ferramopndo – si reca a Napoli, allora uno dei centri musicali più vivi della penisola, dove entra in contatto con Donizetti e Mercadante di cui fu allievo.

La vicinanza dei due maestri influirà senz’altro sulle sue composizioni e soprattutto sulle sue arie da camera, anche se, come ha osservato il musicologo Piero Mioli, proprio queste rivelano che Buzzolla doveva possedere una «cultura musicale di netta tradizione belcantistica rossiniana».

Nel 1841 Buzzolla è di nuovo a Venezia per la rappresentazione al teatro S. Gallo S. Benedetto della sua seconda opera Mastino I dalla Scala; dell’anno successivo è invece la terza opera (comica), Gli avventurieri, data alla “Fenice”. Dopo l’esordio operistico Buzzolla intraprende un lungo viaggio per l’Europa (1843), alla stregua di molti suoi colleghi, che lo porterà prima a Berlino a dirigere l’orchestra del teatro dell’Opera italiana e ad impartire lezioni di canto e pianoforte alle principesse di corte, quindi a Dresda, in Polonia e in Russia. Non interrompe però i contatti con la città natale: nel settembre del 1845 lo si ritrova infatti ad Adria per prendere parte all’esecuzione di una messa composta da Gio Batta Casellati, suo amico e compagno di studi; l’anno successivo è ancora ad Adria per dirigere una sua Messa. Nello stesso anno continua la su tournée europea: lo si ritrova infatti a Parigi, direttore dell’Opera italienne e poi a Berlino. Due anni dopo è di nuovo a Venezia, dove si stabilisce definitivamente; qui dal 1855 ricoprirà il prestigioso incarico di maestro di cappella presso la Basilica di S. Marco, incarico che manterrà sino al momento della morte.

Il periodo attorno alla metà del secolo rivela a Venezia un notevole fermento musicale; sono gli anni in cui la città lagunare ospita un illustre personaggio: Giuseppe Verdi, che aveva presentato le “prime” dell’Ernani nel 1844, dell’Attila nel 1846, del Rigoletto nel 1851, della Traviata nel 1853. Tutte queste opere vennero date al teatro “La Fenice”, il cui archivio storico conserva ancor oggi un’ampia documentazione sull’attività del maestro. Buzzolla non pare però particolarmente stimolato da questo clima, si occupò parzialmente dell’opera; oltre al melodramma semiserio Ferramondo, a Mastino I dalla Scala, e all’opera buffa Gli avventurieri, comporrà nel 1848 l’Amleto , sul libretto del Peruzzini – che ebbe l’occasione di collaborare con Buzzolla anche in altre occasioni – e per la stagione di carnevale 1849-1850 alla “Fenice” l’Elisabetta di Valois, sul testo di F. M. Piave. L’Amleto venne successivamente pubblicato dalla casa editrice Ricordi, in riduzione per canto e pianoforte e in fascicoli separati, com’era consuetudine allora; l’Elisabetta venne dimenticata. La poca fortuna di queste ultime opere trova una spiegazione anche nel fatto che vennero rappresentate negli anni in cui Venezia era impegnata prima nella resistenza e nell’assedio austriaco e poi nella capitolazione ed anzi risulta abbastanza sorprendente una tale collocazione cronologica da parte di Buzzolla, autore che più di una volta dimostrerà una notevole sensibilità per il “momento storico”.

Imponente è invece la produzione di musica sacra di cui anche Adria conserva alcuni esempi: oltre al Gloria dell’Archivio Capitolare, nella Biblioteca del Conservatorio si trovano una Marcia Funebre per grande orchestra, quasi certamente autografa, e un Kyrie autografo a tre voci e tastiera. Fatta eccezione per un Miserere, pubblicato dalla Ricordi, tutte le altre composizioni a carattere sacro di Buzzolla, per cui il maestro adriese fu amato, stimato e frequentemente ricordato nelle cronache, non furono pubblicate e vengono in gran parte conservate manoscritte nei fondi veneziani, anche se non mancano brani di notevole importanza posseduti da varie biblioteche italiane, come ad esempio la Messa in Mib del 1854 già appartenente alla collezione Untersteiner e oggi collocata a Rovereto.

Se dunque una notevole parte della produzione di Buzzolla consiste, per motivi professionali, in composizioni a carattere sacro, la sua fama è legata a tutt’altro genere, precisamente a quello della musica da camera vocale. Buzzolla scrisse infatti una notevole quantità di arie e canzonette, molte delle quali in dialetto veneziano, per canto e pianoforte, che incontrarono un notevole favore presso il pubblico italiano. La stessa casa editrice Ricordi pubblicò ben sette raccolte di canzonette venete (Serate a Rialto, 1842; Il Gondoliere, 1847; Canzonette veneziane, 1852; Mattinata a Venezia, 1859; Una notte a Venezia e Sei ariette veneziane, 1864; Ariette veneziane, 1880 postuma); anzi a giudicare da un vecchio catalogo dello stesso editore (1897) si può constatare che tra i compositori di “canti popolari veneziani” Buzzolla senz’altro eccelle per la quantità delle pubblicazioni. E gli apprezzamenti in questo senso non vennero solo dal pubblico. Rossini stesso dichiarò che Buzzolla superava in questo genere quelli che lo avevano preceduto, compresi il Perucchini e Simone Mayr, autore della notissima Biondina in gondoleta. La Biblioteca Comunale adriese conserva un ritratto di Rossini con la dedica autografa: «Offerto in segno di viva gratitudine al generoso Collega Antonio Buzzolla, G. Rossini – Passy di Parigi 15 ottobre 1866». Non ci è dato di sapere quale sia stato il motivo della “riconoscenza” di Rossini verso il musicista adriese.

Dello stesso parere positivo si dimostrò anche il famoso critico della “Perseveranza” Filippo Filippi che senz’altro era entrato in contatto con Buzzolla in varie occasioni; si può anzi ipotizzare un legame d’amicizia tra i due, tanto che nell’album di composizioni varie L’arte all’artista, ad Antonio Buzzolla pubblicato dalla Ricordi in occasione del matrimonio del musicista con la cantante Maria Vallanzasca, figura anche una barcarola per pianoforte del «dottor» F. Filippi.
Del resto non meraviglia affatto che un musicista veneto e veneziano d’adozione quale Buzzolla si dedicasse con tanto interesse alla canzonetta in dialetto, genere che nella città lagunare vantava di una antica tradizione sulla quale testimoniano per esempio le “canzoni da battello” settecentesche, arie cantate dalla gente veneziana all’aria aperta e soprattutto in barca. In effetti le canzonette di Buzzolla rivelano un clima del tutto diverso in quanto, pur conservando l’aspetto popolare nel testo e in certe cadenze ritmiche e tratti melodici, manifestano una notevole cura nella composizione; si tratta di pagine di musica da camera «piene di brio, di varietà, di spontaneità, di sapore veneziano», ma anche di buon gusto, abilità e maestria compositiva: «piccole gemme sapientemente armonizzate», le definì felicemente Antonio Casellati, pioniere di studi musicali adriesi.

Ma vi sono altri aspetti interessanti della figura artistica di Antonio Buzzolla che riguardano il suo impegno, dimostrato in varie occasioni, civile e culturale. Nel 1839 fondò la rivista “Euterpe Veneta” che pubblicava, accanto a composizioni musicali generalmente per canto e pianoforte solo (si segnala a questo proposito una romanza della celebre cantante M. F. Malibran), articoli su argomenti a carattere culturale e informativo sulle novità teatrali veneziane. Come musicista si dimostrò compartecipe degli ideali e delle lotte patriottiche antiaustriache componendo inni e cantate che sembrano quasi commentare i principali eventi del Risorgimento veneto. E’ del 1848 – quando viene costituita la Repubblica autonoma veneziana – l’inno Viva, viva! Risorse gagliardo il lion per coro e orchestra; nel 1849 quando Venezia era prostrata dall’assedio austriaco, compone l’inno patriottico popolare Si resista ad ogni costo (purtroppo perduto) eseguito alla “Fenice” alla presenza dei capi del Governo Provvisorio e la preghiera Dell’Italia o Dio clemente su testo del Peruzzini; dopo la capitolazione della città, nel 1850 scriverà Deh! Venite al patrio duolo per tenore e orchestra; durante la seconda guerra per l’indipendenza compone la Preghiera per gli estinti della grande battaglia, (24 giugno 1859) di S. Martino e Solferino, pubblicata in seguito da Ricordi; in occasione dell’annessione di Venezia all’Italia, nel 1866 scrive Venezia liberata al suo Re – rappresentata alla “Fenice” nello stesso anno – e Di canti pronubi, d’auspici ardenti per soprano, tenore, basso, coro e orchestra.

Un’ulteriore testimonianza dell’impegno culturale dimostrato da Buzzolla è costituita dalla sua partecipazione nel 1867 al comitato promotore dell’Istituto musicale annesso alla Società dei Concerti che nel 1877 diventerà Liceo Musicale “Benedetto Marcello”.

Riavvicinare oggi la figura artistica di Buzzolla significa rivivere nella sua musica aspetti del clima culturale, delle tradizioni, della storia di un passato, neppur tanto lontano, di cui noi costituiamo la diretta discendenza.

Adria, contesto culturale

AdriaAdria, insieme a Rovigo, è la città storicamente più importante del Polesine. In essa si sono accentrate, per secoli, tutte le attività sociali, politiche e culturali, e ovviamente anche quelle musicali.
Per quanto riguarda la musica, le notizie precedenti il 1500 sono pressoché nulle. A partire dal 1527, lo apprendiamo dai documenti pervenutici, in Cattedrale vengono assunti con regolarità organisti che svolgono anche mansioni sia di maestri di cappella sia di insegnanti di musica in senso lato. Il primo nome di spicco che incontriamo è quello di Innocenzo Vivarino (Adria, 1575 ca. – 1626). Egli ricoprì la carica di maestro di cappella dal 1592 fino alla morte, con l’obbligo di suonare l’organo tutte le domeniche e nelle altre festività del calendario liturgico, cui si aggiungeva l’impegno presso la Confraternita del SS. Crocefisso: tipica istituzione controriformistica che fra le varie attività realizzava anche “spettacoli sacri e drammatici”. Nel 1620 Vivarino dedica al canonico Fabrizio Bocca il suo Primo libro di mottetti solistici (Bartolomeo Magni, Venezia), mentre altre raccolte sacre e profane a stampa, testimoniate da cataloghi e avvisi editoriali, sono andate perdute. Nel 1624 dedica i suoi Madrigali concertati op. VI (Alessandro Vincenti, Venezia) al vescovo di Adria Ubertino Papafava. La Confraternita del SS. Crocefisso, che operò ad Adria dal XVI al XIX secolo, ebbe una parte di rilievo nell’allestimento di spettacoli sacri atti a sollecitare la devozione popolare. Il 13 aprile 1627 si rappresentò in Duomo, da parte di una compagnia di “giovani d’Adria”, l’azione sacra Il mortorio di Gesù Cristo e per l’occasione si eresse un palco nella navata centrale, dalla parte dell’organo, per ospitare lo spettacolo che durò ben cinque ore e durante il quale vennero proposti anche degli interventi musicali.
Proprio da un’azione sacra prese le mosse la tradizione teatrale cinque-seicentesca adriese che trovò spazio nelle chiese (per le azioni sacre), in un teatro provvisorio allestito sotto le logge della Cancelleria (piazza Maggiore), nel teatro sito nel palazzo Pretorio sede del podestà di Adria Lorenzo Rimondo (nella piazza Maggiore della città, ora piazza Garibaldi) e in spazi ricavati presso le “corti” delle abitazioni di privati cittadini. La prima rappresentazione di cui si ha notizia è l’azione sacra Isac del Groto allestita nella chiesa di Santa Maria della Tomba nel 1558 (replicata nello stesso luogo nel 1581). In tutto si ha notizia di diciassette rappresentazioni, tra favole pastorali e tragedie del Groto, di Giulio Cesare Croce (Il banchetto de’ Malcibati, 1633) e di altri autori anonimi, concluse il 1° agosto 1637 con Filarmindo, una favola pastorale di Ridolfo Campeggi. Tutti questi testi prevedevano l’impiego di intermezzi strumentali e vocali oltre che l’intervento di Cori. Per esempio, per la ripresa del Pentimento amoroso del Groto (29 giugno 1632) gli intermezzi furono composti da Augusto Vivarino, figlio di Innocenzo.
Il poeta Luigi Groto (Adria, 1541 – Venezia, 1585) è il personaggio adriese di maggior spicco dell’epoca. In qualità di presidente dell’Accademia degli Illustrati contribuì moltissimo alla vita artistica della città. Efficacissimo oratore e ottimo attore, fu autore di favole pastorali, tragedie, azioni sacre e rime, queste ultime musicate da diversi compositori del XVI secolo. Godeva anche della fama di buon suonatore di liuto, nonché di appassionato organizzatore di trattenimenti musicali. La sua fama si diffuse tanto in Italia quanto all’estero, soprattutto in Inghilterra, dove le sue opere vennero più volte rappresentate. Shakespeare stesso dovette conoscere e apprezzare la produzione del Groto, forse prendendola anche a modello.
Nel Settecento la vita musicale polesana si esplicò specialmente nel melodramma concentrandosi però a Rovigo, unico centro fornito di strutture teatrali con ben due sale attive, anche se la prassi del teatro pubblico prese avvio con notevole ritardo rispetto a Padova, Vicenza e Verona. Ad Adria invece si apre una lunga parentesi di silenzio; l’assenza di strutture adeguate non consente spazio al diffondersi dell’attività teatrale, tanto in auge a Venezia e in altre parti del Veneto. Di conseguenza, l’attività musicale preminente sembra essere stata quella esercitata in ambito liturgico e paraliturgico, in special modo in Cattedrale dove è testimoniata dalla presenza di una cappella musicale e da ben nove organisti (con funzioni di maestro di cappella) succedutisi nell’arco del Settecento.
L’attività legata all’espressione melodrammatica riprese nel XIX secolo con il teatro di Santo Stefano attivo dal 1803 al 1808, anche se si ha notizia dell’allestimento di tre sole opere nel 1807: I nemici generosi di Domenico Cimarosa, La Pamela maritata di Giuseppe Farinelli e il ballo L’italiana schiava ossia La turca risoluta di Pietro Antonelli. L’orchestra dei filarmonici adriesi era diretta da Angelo Buzzolla, padre del più famoso Antonio, che in capo a due anni divenne maestro di cappella nella cattedrale. Decisamente più ampia e variegata fu invece l’attività del teatro Fidora, dal nome del proprietario che fu anche impresario (poi teatro della Società, quindi Orfeo), capace di 400-500 posti, dove fra il 1813 e il 1907 fu rappresentata un’ottantina di melodrammi. Venne inaugurato il 6 maggio 1813 con Il Marcantonio di Stefano Pavesi (fra gli interpreti il celebre contralto Adelaide Malanotte) e il ballo mitologico Aminta e Silvano di Luigi Olivieri. Anche Giuseppina Strepponi, il soprano futura moglie di Giuseppe Verdi, debuttò in questo teatro nell’Elisir d’amore di Donizetti. Altri due teatri operarono ad Adria nell’Ottocento presentando saltuariamente anche melodrammi: l’arena Zen (1858-1900), attiva solo nel periodo estivo essendo un teatro all’aperto, e il teatro Politeama (1878-1921), capace di 1000 posti, inaugurato con il Conte verde di Giuseppe Libani nel 1878.
Nell’Ottocento è anche ben documentata l’attività musicale svolta dalla cappella della cattedrale e dalla Società Filarmonica. Per quanto riguarda la musica sacra ampie testimonianze ci provengono dalla consistente mole di manoscritti musicali ottocenteschi custoditi presso l’Archivio capitolare e dalla presenza di una trentina di maestri di cappella che si avvicendarono sino alla metà del Novecento.
Nel Novecento il salone Massimo e il teatro estivo Zagato, dedicati ai generi più disparati, ospitarono anche rappresentazioni melodrammatiche fra le quali compare una delle opere dell’adriese Nino Catozzo (1886-1961): I misteri gaudiosi (Massimo, 1924). Il teatro Comunale del Littorio o teatro del Popolo, edificato sulla stessa area che fu dell’Arena Zen prima e del teatro Zagato poi (piazza Cavour), capace di 3500 posti, ebbe per Adria un ruolo analogo a quello del teatro Sociale di Rovigo; infatti, inaugurato il 24 settembre 1935 con Mefistofele di Arrigo Boito – interpreti Rosetta Pampanini, Tancredi Pasero e Giulietta Simionato – sino agli anni Cinquanta ospitò rappresentazioni con i più celebri interpreti d’opera del momento, rientrando nell’ambito dei più importanti teatri italiani per il livello delle programmazioni, dopodiché ebbe inizio il lento e progressivo declino, peraltro comune a molti teatri di provincia, che lo condusse ad un’attività sempre più discontinua.
Solo in tempi molto recenti il Teatro è stato oggetto di lavori di ristrutturazione e messa a norma, e ha ripreso a programmare, seppure in maniera ridotta, allestimenti di spettacoli di prosa, di concerti, nonché di melodrammi.